Anche quest’anno caro somarello, ti rimetto nel presepe davanti a quella grotta, dove fra pochi giorni nascerà il bambino.
Ancora una volta come da tanti anni a questa parte, guarderò con un sorriso e con gli occhi stupiti, le luci, i cammelli e le casette illuminate , le pecore, i pastori, le donne con le ceste e il fuoco acceso, dove vicino riposa un vecchio e un giovane che dorme.
Ma è tradizione o fede quella che mi spinge a fare il mio Presepe? Perché una volta all’anno sento il bisogno di guardare quella grotta e attendere che nella Notte Santa, la Madre metta nella mangiatoia il Bimbo avvolto in fasce?
Forse perché anch’io faccio parte di questa umanità che, sotto il sole e il cielo stellato, continua il suo peregrinare quotidiano come se tutto questo divenire fosse solo frutto di scelte umane ed il Dio creatore o un’altra identità, restino disinteressati a questa storia.
Invece in quella notte il cielo s’ apre e la terra ritrova la speranza di non essere abbandonata a se stessa ed il bambino è pegno e garanzia di quanto amore abbia il Padre per noi suoi figli e come il Figlio condivida tutti, ma proprio tutti i giorni con compassione, i nostri sentimenti, le nostre ansie, i timori e gli affetti.
Il Presepe non è una storia del passato, né una rappresentazione allegorica da proporre ogni anno per muovere le persone alla solidarietà; il mio e il tuo Presepe è icona della luce di Cristo che illumina la nostra strada, è il braciere dove il fuoco dell’ Amore torna ad ardere e scaldare.
…………e allora io, come il somarello, posso riprendere il mio cammino con rinnovata fede in docile sequela del Padrone della messe.